Talvolta le supermamme sono spiazzate.
Dalla primavera che le butta su e giù.
Dalla stanchezza che le butta giù.
Da certe giornate di disarmonia in cui si sentono perse e sole nel mondo della quotidianità o da altre in cui si sentono in armonia con le proprie creature che dicono di sentirsi felici.
Dalla festadellamamma, con tutte quelle catene su whatsapp e quei filmati e quei messaggi che, aldilà di ogni possibile retorica, le riportano alla loro condizione di mamma, ormai talmente insita in loro da non essere più quasi notata, ma portatrice di tutto ciò che di straordinario e unico si possa dire e immaginare. Così, tra una vignetta e una poesia, si ritrovano a pensare a quello che già fanno e a quello che potrebbero fare di diverso, a quello che non riescono ancora a fare e a quello che invece ormai riesce loro benissimo.
E di conseguenza si ritrovano a pensare a come si sentono spiazzate persino da un verbo, apparentemente banale, utilizzato diverse volte come verbo, ma molto meno utilizzato come azione concreta: ascoltare.
Mille domande frullano nelle loro teste.
Sanno ascoltare o preferiscono dare risposte?
Sanno ascoltarle o vogliono mettere a tacere gli animi con rassicurazioni?
Sanno ascoltare o in realtà continuano a seguire i loro pensieri nelle mille cose da fare e da seguire?
Sanno ascoltare i veri bisogni, le vere richieste, le reali situazioni che si celano dietro quelle semplici parole?
Sanno ascoltare o preferiscono farsi ascoltare?
Sanno ascoltare cosa i loro figli stanno dicendo con quelle parole? Con quei gesti? Con quei silenzi? O preferiscono dare la prima interpretazione, quella che era stata data loro un tempo, quella che sembra la strada ovvia, convenzionale, naturale?
Sanno ascoltare se stesse e le loro voci dentro? Le stesse forse di quando erano bambine e che tutti hanno messe a tacere?
Sanno ascoltare come loro stesse vorrebbero essere ascoltate?
Così, se proprio sono costrette a pensare ad un desiderio nel giorno della festa della mamma, è proprio questo che vorrebbero per loro: imparare ad ascoltare davvero.
Ne gioverebbero i loro piccoli o grandi figlioli, ma ne uscirebbero arricchite per prime loro stesse, perché quelle voci inascoltate, sottovalutate o lasciate distrattamente di sottofondo sono probabilmente il più originale e vero e sincero e speciale sguardo sulla vita.
Dalla primavera che le butta su e giù.
Dalla stanchezza che le butta giù.
Da certe giornate di disarmonia in cui si sentono perse e sole nel mondo della quotidianità o da altre in cui si sentono in armonia con le proprie creature che dicono di sentirsi felici.
Dalla festadellamamma, con tutte quelle catene su whatsapp e quei filmati e quei messaggi che, aldilà di ogni possibile retorica, le riportano alla loro condizione di mamma, ormai talmente insita in loro da non essere più quasi notata, ma portatrice di tutto ciò che di straordinario e unico si possa dire e immaginare. Così, tra una vignetta e una poesia, si ritrovano a pensare a quello che già fanno e a quello che potrebbero fare di diverso, a quello che non riescono ancora a fare e a quello che invece ormai riesce loro benissimo.
E di conseguenza si ritrovano a pensare a come si sentono spiazzate persino da un verbo, apparentemente banale, utilizzato diverse volte come verbo, ma molto meno utilizzato come azione concreta: ascoltare.
Mille domande frullano nelle loro teste.
Sanno ascoltare o preferiscono dare risposte?
Sanno ascoltarle o vogliono mettere a tacere gli animi con rassicurazioni?
Sanno ascoltare o in realtà continuano a seguire i loro pensieri nelle mille cose da fare e da seguire?
Sanno ascoltare i veri bisogni, le vere richieste, le reali situazioni che si celano dietro quelle semplici parole?
Sanno ascoltare o preferiscono farsi ascoltare?
Sanno ascoltare cosa i loro figli stanno dicendo con quelle parole? Con quei gesti? Con quei silenzi? O preferiscono dare la prima interpretazione, quella che era stata data loro un tempo, quella che sembra la strada ovvia, convenzionale, naturale?
Sanno ascoltare se stesse e le loro voci dentro? Le stesse forse di quando erano bambine e che tutti hanno messe a tacere?
Sanno ascoltare come loro stesse vorrebbero essere ascoltate?
Così, se proprio sono costrette a pensare ad un desiderio nel giorno della festa della mamma, è proprio questo che vorrebbero per loro: imparare ad ascoltare davvero.
Ne gioverebbero i loro piccoli o grandi figlioli, ma ne uscirebbero arricchite per prime loro stesse, perché quelle voci inascoltate, sottovalutate o lasciate distrattamente di sottofondo sono probabilmente il più originale e vero e sincero e speciale sguardo sulla vita.
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