Guardare un film accanto alla propria figlia primogenita, nel buio del cinema, le fa sentire improvvisamente strane. Perché stavolta il film non è un cartone su cui ridere e sghignazzare, non è un family movie da star tutti insieme, ma un film "da grandi", da condividere come amiche, complici, mamme e figlia in un momento delicato della loro esistenza, quello in cui sentono entrambe che stanno crescendo e cambiando.
Questa volta non hanno la mano del proprio marito da stringere nei momenti intensi o di paura, ma quell'ossuta mano più grande della propria, piena di forza giovane, e non sanno bene se prenderla e stringerla, ne hanno pudore: i ruoli sono cambiati.
Quel film poi in qualche modo parla di loro: una ragazza deve fare le sue scelte autonomamente, contro il parere dei genitori che la amano tantissimo, contro le sue stesse abitudini; è chiamata a scegliere su quale sia la sua felicità, quella senza la quale non saremo mai pieni, e realizzati.
Intuiscono solo il perché la loro "piccola" abbia rigato il viso di lacrime.
Sanno però il motivo per cui loro stesse non siano riuscite a trattenersi e l'emozione sia sgorgata. Quando la ragazza canta "io non fuggo, ma volo; cercate di capire, io volo", in un turbinio violento sono apparse la voglia di esserci e di lasciare andare, l'istinto di proteggere e il desiderio di quella felicità per le loro creature, l'interrogarsi su come e quando lasciar andare, il ricordo della loro fase di crescita, delle loro scelte e il desiderio profondo di essere loro stesse ancora in volo.
Si chiedono se hanno mai volato davvero, e quando; se magari abbiano smesso di farlo; come faranno i propri figli a imparare a volare, se servirà il loro esempio o altri glielo potranno insegnare. Si sentono fragili e forti al tempo stesso. Sicure e confuse. Donne e bambine.
Dubbiose e certe, di una cosa almeno: quella felicità cercata è la stessa per tutti, e va cercata sempre.
ps. quel film, per chi non l'avesse capito è "La famiglia Belier": alle supermamme e alle loro figlie è piaciuto tanto, a dispetto dei cinici e di chi non apprezza il genere. E in ogni caso la canzone finale vale tutto il film.
La famiglia Belier
Questa volta non hanno la mano del proprio marito da stringere nei momenti intensi o di paura, ma quell'ossuta mano più grande della propria, piena di forza giovane, e non sanno bene se prenderla e stringerla, ne hanno pudore: i ruoli sono cambiati.
Quel film poi in qualche modo parla di loro: una ragazza deve fare le sue scelte autonomamente, contro il parere dei genitori che la amano tantissimo, contro le sue stesse abitudini; è chiamata a scegliere su quale sia la sua felicità, quella senza la quale non saremo mai pieni, e realizzati.
Intuiscono solo il perché la loro "piccola" abbia rigato il viso di lacrime.
Sanno però il motivo per cui loro stesse non siano riuscite a trattenersi e l'emozione sia sgorgata. Quando la ragazza canta "io non fuggo, ma volo; cercate di capire, io volo", in un turbinio violento sono apparse la voglia di esserci e di lasciare andare, l'istinto di proteggere e il desiderio di quella felicità per le loro creature, l'interrogarsi su come e quando lasciar andare, il ricordo della loro fase di crescita, delle loro scelte e il desiderio profondo di essere loro stesse ancora in volo.
Si chiedono se hanno mai volato davvero, e quando; se magari abbiano smesso di farlo; come faranno i propri figli a imparare a volare, se servirà il loro esempio o altri glielo potranno insegnare. Si sentono fragili e forti al tempo stesso. Sicure e confuse. Donne e bambine.
Dubbiose e certe, di una cosa almeno: quella felicità cercata è la stessa per tutti, e va cercata sempre.
ps. quel film, per chi non l'avesse capito è "La famiglia Belier": alle supermamme e alle loro figlie è piaciuto tanto, a dispetto dei cinici e di chi non apprezza il genere. E in ogni caso la canzone finale vale tutto il film.
La famiglia Belier
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